La Corte Costituzionale conferma l’impostazione legislativa della Regione Toscana sugli interventi di controllo degli ungulati nelle aree protette e sul prelievo dello storno in deroga per la salvaguardia delle colture agricole come olivi, viti e frutta.
“C’è un doppio motivo di soddisfazione – commenta la vicepresidente e assessora all’agroalimentare Stefania Saccardi – per questa decisione dei giudici costituzionali. Prima di tutto perché sarà possibile in questo modo continuare ad assicurare risposte puntuali al mondo agricolo toscano, particolarmente colpito dalla crisi economica causata dalla pandemia. E poi anche per i risvolti positivi che la sentenza potrà avere a livello nazionale, ponendo la Toscana come regione capofila nel cercare di risolvere criticità legate alla fauna e all’impatto che questa ha sull’agricoltura e sull’ambiente”.
Il governo nazionale aveva sollevato la questione di legittimità degli articoli 24 e 30 della legge 61 della Regione Toscana15 luglio 2020 “Gestione e tutela della fauna selvatica sul territorio regionale. Modifiche alla l.r. 3/1994” adducendo obiezioni di incostituzionalità nella parti inerenti al controllo degli ungulati nelle aree protette, in quanto norma invasiva della competenza statale esclusiva in materia di tutela ambientale. La Regione Toscana con la modifica di legge aveva infatti previsto che nei parchi regionali e nelle aree protette il soggetto gestore adottasse piani di controllo degli ungulati che dovevano tenere conto delle densità sostenibili e degli effettivi danneggiamenti alle coltivazioni agricole, anche limitrofi ai propri confini e ai boschi. In caso di inadempienza e in presenza di danni alla produzione agricola, anche nelle aree limitrofe, la Giunta regionale interveniva ai sensi dell’articolo 37 della legge 61
La legge era sta impugnata anche nella parte in cui la Regione Toscana specificava che il limite al prelievo delle specie in deroga, come ad esempio lo storno, non si cumula con il numero totale di altri capi di fauna migratoria.
La Corte Costituzionale ha riconosciuto invece che il controllo degli ungulati nelle aree protette non comporta un abbassamento del livello di tutela ambientale prescritto dal legislatore statale, ponendosi, anzi, in un’ottica di maggiore garanzia della conservazione degli equilibri complessivi dell’area protetta che includono la presenza dell’uomo.
Inoltre, a fronte dell’inadempienza del soggetto gestore del parco relativamente all’attività di controllo degli ungulati, ha osservato che il legislatore regionale è opportunamente intervenuto, tutelando così sia gli equilibri ecologici all’interno delle aree protette, sia le produzioni agricole nelle aree limitrofe, gli uni e le altre compromesse dall’eccessiva proliferazione dei cinghiali.
La Consulta ha chiarito infine anche la non cumulabilità delle specie in deroga con il carniere giornaliero delle altre specie migratrici.